TU SEI ARTE

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Ciao, mi chiamo Federica (ma puoi chiamarmi semplicemente Fede). Non so chi tu sia, né se tu abbia cliccato qui per caso o per scelta, ma per me è un onore sapere che stai leggendo queste mie parole. Non sono la tipica persona breve e concisa (alcune volte faccio delle circonlocuzioni incredibilmente enormi e, a dir la verità, ho sempre odiato i riassunti), quindi spero che non ti offenderai se dovrai leggere tanto. Ci sarebbero un’infinità di argomenti di cui parlare (dalla globalizzazione all’ultimo libro letto, dall’importanza di preservare le lingue classiche a quanto oggi splenda il sole), ma credo che la cosa più bella sia parlare di sé stessi.
Tu sei arte, arte allo stato puro. Sei un’esplosione di energia, pura e armoniosa sinfonia, un connubio di colori, sei il più piccolo granello di sabbia e la stella più grande dell’intero universo, sei le ninfee di Monet e i vortici di Van Gogh. Ogni giorno il tuo quadro cambia, si veste di una cornice nuova, ma la sua bellezza resta. Fa’ sempre in modo che nessuno faccia sbiadire i meravigliosi colori con cui dipingi ogni giorno la tua vita. Lasciati travolgere dalle emozioni, usale per colorare il tuo oggi e per dare forma al tuo domani. Sii libero. Che le tue ali siano sempre spiegate come quelle di un’aquila reale. Non farti fermare dagli ostacoli che incontrerai. É vero, a volte troverai ciottoli, altre volte scogli e altre volte ancora montagne più alte dell’Everest, ma armati del tuo sorriso più bello e vola, vola sempre più in alto, fino a toccare il cielo. Sei un angelo meraviglioso, a cui nessuno deve legare le ali. Credi. Credi in te e in ciò che sei. Tu vali. Se un giorno qualcuno ti dirà il contrario, non pensarci e sorridigli. Porgi sempre l’altra guancia e sii buono. La vita é il più bello dei carnevali e merita di essere vissuta. Vivi di musica, lettura, amore e amicizia. Vivi le tue esperienze (senza esagerare!), vivi la tua individualità. Sii libero di essere te stesso. Sii fiero di ciò che sei, non mollare mai. Grazie per aver letto fino alla fine. Che il sole ti illumini, sempre.
Federica Donatone 2A Classico

È l’ora di una cultura emancipante

L’ingiustizia che deriva dalla divisione sessuale del lavoro riguarda virtualmente – sebbene non allo stesso modo – tutte le donne. È un problema diffuso capillarmente nella società e distrugge la potenzialità della famiglia di essere decisiva per lo sviluppo di equità dei bambini.

Grazie al femminismo e alla teoria femminista, il genere è stato riconosciuto come un fatto sociale di centrale importanza. In Italia, fino a pochissimo tempo fa era comune l’idea che l’uomo dovesse lavorare, mentre la donna dovesse rimanere a casa ad accudire i figli e, anche se molte persone, soprattutto anziane, la pensano ancora in questo modo, le donne iniziano ad emanciparsi facendo sentire la propria voce.

La situazione però, non è uguale nelle altre aree mondiali, in particolare prendendo in considerazione l’area geografica MENA, acronimo che corrisponde a Medio Oriente e Nord Africa, dove il tasso di disoccupazione femminile è circa il doppio rispetto a quello maschile. Negli ultimi 10 anni, alcuni paesi del MENA hanno fatto piccoli passi avanti verso l’emancipazione femminile: la presenza delle donne nella vita pubblica e il loro grado d’istruzione sono infatti ovunque in ascesa.

Le discriminazioni di genere sono però tutt’altro che sparite, soprattutto nel mercato del lavoro e nella partecipazione alla vita politica.

Solo il 25,2% delle donne in età lavorativa ha un impiego retribuito, contro un tasso medio mondiale del 50%.

Per una donna è quindi molto difficile emanciparsi, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista lavorativo. E se la loro situazione è già in svantaggio nei paesi europei, nei paesi arabi si aggiungono le restrizioni alla mobilità imposte da norme sociali. Non hanno infatti il collaterale necessario per richiedere finanziamenti a causa delle ineguaglianze nelle leggi che regolano le eredità ed ogni loro decisione deve ricevere prima il consenso della famiglia (prima del matrimonio da parte del padre, dopo il matrimonio da parte del marito).

Femminismo non è una parola oscena. Penso soltanto che le donne appartengano alla popolazione umana con gli stessi diritti di chiunque altro.”    Cyndi Lauper

Simone Acquaviva

Alessia Carbotti

Daniele Quaranta

3 A linguistico

Giovani e vecchi: portatori di luci diverse in un unico equilibrio

“Il mio vecchio comincia dall’alba a girare le strade/ e nessuno s’accorge che guarda e ci pensa, / lui, che un tempo era giovane, com’è giovane il mondo.” (C. Pavese)

Custodi di archivi impolverati, ricchi di memoria, gli anziani percorrono con lentezza le strade del mondo, senza disorientarsi mai. Sentieri da seguire, ostacoli da evitare, sono incisi sulla loro pelle savia, e gli insegnamenti sono promemoria saldi nelle loro menti stanche, ma ancora tese a sperimentare con curiosità, l’inesorabile. Si trascinano dietro le ombre di chi sono stati, e le loro dita ormai non bastano più per contare gli anni di vita vissuta. I loro sguardi veterani incrociano “gli occhi dei giovani che non badano al vecchio” (Pavese), osservano la loro luce vitalistica in corsa verso il futuro.

Il vecchio, che sa, viene superato dal giovane frettoloso che, rapito da sete di conoscenza e di progresso, spezza i legami con il passato. La tradizione lotta con la novità, dando vita allo scontro generazionale, alla contrapposizione dei valori di ieri e i cambiamenti di oggi.

L’energia fisica e mentale è l’arma sfoderata dai più giovani, convinti di stringere il mondo con il vigore delle proprie mani, di poter superare ogni limite, ignorano il tesoro di risorse custodito da chi ha già scritto la propria valorosa storia.

Gli studi statistici descrivono l’Italia come un Paese che, invecchiando sempre più velocemente, è destinato a diventare anziano. Nel terzo millennio, l’Italia, avrà un volto dipinto di rughe, e cercherà sostegno aggrappandosi a un bastone.

E i giovani dove saranno?

Il calo delle nascite e la fuga di massa di menti fiorenti, sono le cause principali dell’incanutimento italiano. Solo i veterani sembrano restare fedeli alle proprie radici, fermandosi a riavvolgere il nastro delle proprie origini. I ragazzi, al contrario, sono protesi al distacco, a volare via dal proprio nido in cerca di altri luoghi in cui stabilirsi; attratti dalle novità, vogliono staccarsi “per vaghezza dell’ignoto o per brama di meglio, o per curiosità di conoscere il mondo” (G. Verga), dal nucleo natio.

Un allontanamento sicuramente positivo e utile per ampliare nuovi orizzonti e conoscenze, ma quante cose si perdono, ribellandosi al proprio retroterra culturale custodito dai senes?

“Dite ai giovani che il mondo esisteva già prima di loro, e ricordate ai vecchi che il mondo esisterà anche dopo di loro”, affermò Papa Paolo VI, invitando i giovani di ieri e gli anziani di domani a rompere l’incomunicabilità, cercando canali di unione.

I cantastorie vernacolari, depositari di racconti, usi, costumi e valori, hanno il ruolo di consegnare il bene della tradizione alle generazioni future, che devono predisporsi ad accettarla come punto di partenza da integrare con le fiorenti innovazioni, in modo da creare un nuovo domani che guarda con riconoscenza al passato di cui è figlio.

 

Elisa Valleri 5^A s.u

L’immagine della società

IMAGINE“Imagine there’s no countries, it isn’t hard to do. Nothing to kill or die for and no religion too. Imagine all the people, living life in peace…” Immagina, immagina… sì, perché, alla fin dei conti, si tratta solo di immaginare. Quindi, immaginiamo che non ci siano Paesi, che non ci sia nulla per cui uccidere o morire, in un mondo in cui non c’è spazio neppure per la religione, perché sono tutti troppo intenti a “vivere la vita in pace”. Continua a leggere

Per una forza maggiore: la cooperazione

cooperazione«Una percentuale crescente di antropologi sta arrivando alla conclusione che la cooperazione – non la dimensione del cervello o l’uso degli attrezzi, e senza dubbio non l’aggressività – fu l’atteggiamento che caratterizzò i primi esseri umani».  (Alfie Kohn)

Nella cooperazione, si può trovare la forza per resistere al meglio alle avversità della natura e della società; chi si allontana da questa importante forma di sostegno è destinato a ritrovarsi solo e indifeso. Continua a leggere

Diventare mamma a 17 anni

donna-incintaCrescere un figlio è il compito che, oggigiorno, tocca a molte ragazze italiane che, per scelta o per “errore”, rimangono incinte in giovanissima età. Molte prima del rcommpimento della maggiore età.
Quest’anno è toccato ad Elisa (nome di fantasia), una ragazza della nostra età che ha scoperto di essere in “dolce attesa” a 17 anni. Elisa è fidanzata con un ragazzo da due anni e mezzo più grande di lei e che vive una realtà diversa dalla sua. Infatti, Giovanni (altro nome di fantasia) lavora già da un bel po’ di anni.

Grazie all’ esperienza che sta vivendo Elisa, noi abbiamo compreso le molte difficoltà che deve affrontare una ragazza minorenne incinta. La prima fra tutte è quella del come dirlo ai suoi genitori, perché, al di là dell’età, una mamma e un papà ti vedono sempre come la loro “bambina”. Abbiamo scelto di curiosare nella vita di Elisa, grazie al fatto che ci ha concesso un’intervista.

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“C’erano una volta, tanto tempo fa, le buone maniere…”

Le buone maniere“C’era una volta, tanto tempo fa, la buona educazione…”: ecco come potrebbe iniziare una favola che ipoteticamente potremmo raccontare ai nostri figli.

L’educazione era una caratteristica fondamentale nel mondo antico, a partire dall’antica Grecia, in cui i padri trasmettevano le loro conoscenze pratiche (a livello di produzione di beni o di operazioni lavorative) ai figli, mentre le madri si occupavano dell’educazione delle figlie, più legata alla gestione della casa e all’allevamento dei figli.

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