È l’ora di una cultura emancipante

L’ingiustizia che deriva dalla divisione sessuale del lavoro riguarda virtualmente – sebbene non allo stesso modo – tutte le donne. È un problema diffuso capillarmente nella società e distrugge la potenzialità della famiglia di essere decisiva per lo sviluppo di equità dei bambini.

Grazie al femminismo e alla teoria femminista, il genere è stato riconosciuto come un fatto sociale di centrale importanza. In Italia, fino a pochissimo tempo fa era comune l’idea che l’uomo dovesse lavorare, mentre la donna dovesse rimanere a casa ad accudire i figli e, anche se molte persone, soprattutto anziane, la pensano ancora in questo modo, le donne iniziano ad emanciparsi facendo sentire la propria voce.

La situazione però, non è uguale nelle altre aree mondiali, in particolare prendendo in considerazione l’area geografica MENA, acronimo che corrisponde a Medio Oriente e Nord Africa, dove il tasso di disoccupazione femminile è circa il doppio rispetto a quello maschile. Negli ultimi 10 anni, alcuni paesi del MENA hanno fatto piccoli passi avanti verso l’emancipazione femminile: la presenza delle donne nella vita pubblica e il loro grado d’istruzione sono infatti ovunque in ascesa.

Le discriminazioni di genere sono però tutt’altro che sparite, soprattutto nel mercato del lavoro e nella partecipazione alla vita politica.

Solo il 25,2% delle donne in età lavorativa ha un impiego retribuito, contro un tasso medio mondiale del 50%.

Per una donna è quindi molto difficile emanciparsi, sia dal punto di vista economico che dal punto di vista lavorativo. E se la loro situazione è già in svantaggio nei paesi europei, nei paesi arabi si aggiungono le restrizioni alla mobilità imposte da norme sociali. Non hanno infatti il collaterale necessario per richiedere finanziamenti a causa delle ineguaglianze nelle leggi che regolano le eredità ed ogni loro decisione deve ricevere prima il consenso della famiglia (prima del matrimonio da parte del padre, dopo il matrimonio da parte del marito).

Femminismo non è una parola oscena. Penso soltanto che le donne appartengano alla popolazione umana con gli stessi diritti di chiunque altro.”    Cyndi Lauper

Simone Acquaviva

Alessia Carbotti

Daniele Quaranta

3 A linguistico

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