Il gioco: un suicidio senza morte

Il gioco d’azzardo è un sisteBXP52482ma in cui un giocatore sceglie di impegnarsi in un conflitto artificiale, che, però, con il tempo, può sfociare in una grave patologia, la ludopatia, sempre più diffusa nel nostro Paese. A tal proposito, Luciano, uomo di 45 anni, ci racconta la sua esperienza da ex-giocatore d’azzardo e di come ha affrontato questa malattia.

I: Eri consapevole di essere affetto da ludopatia?

L: Inizialmente, non capivo di avere una problematica e, man mano che andavo avanti, continuavo a giocare sempre di più e avevo praticamente toccato il fondo. Avevo messo a rischio il mio matrimonio e la mia famiglia. A volte, parlavo con le slot: vedi un po’ dove avevo il cervello!

I: Qual è stata la spinta iniziale che ti ha portato a giocare?

L: Il problema è che si partiva così: uscivo di casa per andare a prendere il caffé e, inizialmente, le monete che avevo come resto le gettavo nella slot.

I: Cosa vuoi intendere con “inizialmente”?

L: Bella domanda! Diciamo che, se prima giocavo raramente, spendendo pochi soldi, dopo, avevo bisogno di giocare cifre più alte tutti i giorni “per stare bene”. In realtà… andava tutto male.

I: Ti è mai capitato di giocare di più di quanto ti fossi prefissato?

L: Sì. La mia intenzione iniziale era quella di stabilire un budget da destinare al gioco. Ma, una volta che lo avevo perso, sentivo la necessità di recuperare soldi e quindi ne investivo altri. Ritornavo in me, solo quando avevo perso tutto quello che avevo addosso. Non mi rendevo conto del valore dei soldi e della loro quantità. Adesso non ho più niente. Cammino con 5-10€ addosso. Ho gettato la bellezza di circa 30.000€.

I: A causa del gioco, hai trascurato la tua famiglia e i tuoi amici?

L: Quando entri in un tunnel del genere, la tua vita la cancelli. Trascuri gli amici e la famiglia, perché vivi solo tu e le tue slot. Io, la notte, avevo difficoltà a dormire, in quanto il mio chiodo fisso era la voglia di uscire di casa per andare a giocare.

I: Come sei riuscito a scrollarti di questa dipendenza?

L: Innanzitutto, ho avuto il coraggio e la forza di parlarne con la mia famiglia. Grazie a loro, ho trovato l’aiuto di medici, psichiatri e psicologi. Inoltre, è stato molto utile far parte di un gruppo di Giocatori Anonimi.

I: Cosa hai imparato da questa esperienza?

L: Ho capito che nel gioco d’azzardo non si è mai in positivo. Il giocatore è un perdente e rimarrà sempre vittima del mondo finzionale in cui è abituato a vivere.

I: In conclusione, cosa ti senti di dire a tutti coloro che sono ancora dei gambler?

L: Coloro che vivono, affrontando tutto ciò che la vita presenta, si sentono gli unici veri artefici del proprio destino, il giocatore non è, invece, mai in grado di prendersi le sue responsabilità, anzi tende a giustificarsi e discolparsi, facendo della sorte l’unico vero colpevole di tutto ciò che gli accade. Vivrà, come se non avesse una vita tutta sua. Per questo, così come io sento di aver vinto questa guerra contro il gioco, spero che la mia testimonianza possa aiutare a dare speranza a chi è nel buio di questo circolo vizioso. Non ci vuole nulla: il gioco, da puro divertimento occasionale, può diventare un’abitudine e, quindi, può tramutarsi, senza che ve ne accorgiate, in una dipendenza. Non abbassate mai la guardia. Anzi, ricordate che solo chi smette di giocare vince davvero.

 

Eleonora D’Alò, Giorgia Lanza e Anna Sgobio

 

 

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