Anche a scuola si fa cinema

resizerCapita, a volte, di vedere un film che appassiona, rendendoci parte integrante della trama. Avere questa “sensazione” non è usuale, ma con Tutta colpa di Freud ciò è accaduto. Come mai?

Sicuramente, per le tematiche interessanti, per gli attori intriganti e per il linguaggio che ricalca quello comunemente usato da noi giovani. Tutta colpa di Freud è un film del 2014, diretto da Paolo Genovese, che vede come protagonista Francesco, un analista che ha tre figlie: Sara, lesbica che torna dagli Stati Uniti, decisa a diventare etero, dopo l’ennesima delusione amorosa; Marta, che gestisce la libreria della nonna; Emma, diciottenne, che ha una relazione con Alessandro, architetto cinquantenne, sposato con Claudia, la donna che Francesco incontra tutti i giorni nel suo quartiere e della quale è innamorato, senza tuttavia riuscire a dichiararsi.

Solitamente, all’interno di un estratto cinematografico, a farsi notare sono soprattutto la fotografia e il gioco delle luci. Può sembrare banale, eppure il giusto utilizzo di una macchina fotografica riesce a descrivere quel che apparentemente non si evidenzia: il paesaggio, oppure il primo piano su alcuni personaggi. A seconda del personaggio che appare nella scena, c’è una luminosità che va in sintonia con la sua psiche e che caratterizza la personalità e la parte che egli ha nell’intreccio della vicenda. Lo studio di Francesco, infatti, è cupo, ombroso, in quanto viene sottolineato il suo obiettivo, ovvero aiutare i pazienti, tra cui Alessandro, a superare i propri limiti e le proprie frustrazioni.

Funzionano anche la cura che Genovese, il regista, dedica alla costruzione delle inquadrature e l’agilità del montaggio, assolutamente brillante. Quest’ultimo, infatti, evidenzia il disagio vissuto dal protagonista, che, da psicoterapeuta, diventa succube dei problemi delle tre figlie.

Tema fondamentale del film è la diversa interpretazione che ognuno di noi dà al famosissimo sentimento chiamato “amore”. Ogni figlia, all’interno del film, vive una situazione sentimentale fuori del “normale”: Sara cerca di uscire e flirtare con uomini che soddisfino i piaceri che ha sempre provato con una donna, cercando di modificare la sua identità sessuale; Marta vorrebbe conquistare un cleptomane che le rubava i libretti delle più famose opere liriche, un sordomuto del quale, addirittura, si innamora, contro ogni aspettativa. Infine, Emma, pur nella sua giovane età, non riesce a collocarsi in un amore “comune”, non soddisfacendo i suoi sogni adolescenziali.

Ogni scena del film ha un suo “perché” e perciò è insostituibile. Tutta colpa di Freud è adatto alla visione di quelle persone che non si fermano all’apparenza, che non giudicano se ci sono esperienze di vita diverse da quella a cui sono abituati. Spettatori che sono disposti a capire che, anche in un film, si possono trovare le risposte alle tante domande che anche una famiglia normale ogni giorno si pone.

Valeria Santoro

Carmen Mirto

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