Machiavelli e Guicciardini: uno spazio, due menti, tra utopia e realtà.

temaNiccolò Machiavelli e Francesco Guicciardini nacquero nella stessa città a distanza di qualche decennio, ma, nonostante questo, presentano delle notevoli diversità di pensiero, date dalle condizioni storiche e culturali.
Il Machiavelli studiò la natura e le caratteristiche della politica, fino a considerare la storia come qualcosa di immobile, delineata da leggi fisse, che potevano essere conseguite solo in presenza della virtù. Con Niccolò Machiavelli inizia una nuova epoca del pensiero politico: infatti, l’indagine politica tende a staccarsi dal pensiero speculativo, etico e religioso, assumendo come canone metodologico il principio della specificità del proprio oggetto, che deve essere studiato (potremmo dire con espressione telesiana) iuxta propria principia, ossia autonomamente, senza essere condizionato da principi valevoli in altri ambiti, ma che solo indebitamente potrebbero essere fatti valere per l’indagine politica.
Certo, la brusca sterzata che si riscontra nelle riflessioni di Machiavelli, rispetto ai precedenti Umanisti, è in larga misura spiegabile con la nuova realtà politica che si era venuta a creare a Firenze e in Italia, ma suppone anche una grossa crisi dei valori morali ormai dilagante.
Il Guicciardini chiarisce quanto ogni singola azione sia unica e possa essere superata solo grazie all’esperienza. E’ inutile, pertanto, secondo lui, cercare delle teorie, ma occorre passare la storia al setaccio della ragione.
L’obiettivo di entrambi gli scrittori è quello di proporre un piano d’azione per il futuro, in modo da far risollevare l’Italia dalla crisi ma, mentre Machiavelli ipotizza la creazione di uno stato unitario sotto la guida di un Principe “savio”, privo di morale, di religione e a metà tra l’uomo e la bestia, Guicciardini, più realisticamente, propende per la realizzazione di una confederazione di piccoli stati, possibilmente costitutivi di una repubblica.
Roberta La Grotta 3^ E sc.
Lorena Santoro 3^ E sc.
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