Tra le note di un incanto di pietra

Sibili lontani dal timbro orientale narrano l’esistenza di un magico filo rosso che unisce i destini, in un sinuoso dispiegarsi tra passato, presente e futuro. Un legame silente e vivo, forte se pure invisibile, quello del fato, che attraversa dall’alba dell’umanità ogni credenza popolare. Navigando sulla spuma di un’onda senza tempo, il fuoco fatuo, profeta della sorte, giunge anche sulle salate sponde pugliesi di Vieste e intercetta gli sguardi di due giovani, stabilendo un patto eterno tra “la bella Cristalda” e il suo Pizzomunno.

Un “amore indifeso” rispolverato da Max Gazzè in un canto sospeso tra epos e leggenda, un inno all’autenticità del sentire declamato contro la siccità di sentimenti reali e condivisi guardandosi negli occhi, un credo nel divino Amor che apre alla speranza di rapporti ancora pronti a spingersi oltre, degni di essere difesi ad ogni costo, ad ogni rischio. Un invito ad affidarsi a un sogno di reale riparo promosso dalla storia dei due innamorati.

Il giuramento di fedeltà resta saldo, nonostante il pericoloso “coro ammaliante” delle fatali sirene, che dal mistero abissale del mare tentano di stregare il giovane pescatore. Ma Pizzomunno, non ha bisogno del multiforme ingegno tanto utile all’omerico Ulisse per resistere al seducente inganno: “la mano protesa” della sua Cristalda vince l’astuzia e “addolcisce il canto delle sirene”. E nei fondali blu le creature del mare sentono crescere in loro la tragica nemesi punitiva: “qualcuno le ha viste portare nel fondo Cristalda in catene”. L’amore si fa perdizione, il legame diventa privazione, l’eros incontra il thanatos in un connubio letale.

Resta l’eco di un grido di “ira accecante” mescolato agli accordi del mare che scaglia onde conto il candore di pietra del bel pescatore “fermato per sempre”. Resta un “gigante di bianco calcare” imperante sulla riva di Vieste. Resta l’attesa lunga cent’anni, sospesa come un respiro trattenuto a pieni polmoni, pronto ad esplodere in una notte d’estate. La luna vedrà risalire la fanciulla dalle acque, la pelle di pietra del bel marinaio sarà di nuovo umana. Per una sola notte il loro amore ritornerà “a vivere ancora una storia stupenda”.

Gazzè ha riportato in luce una perla di tradizione, traducendola nell’universale linguaggio della musica per consegnarla al tempo.

 

Elisa Valleri 5^ A s.u.

Occidentali’s Karma: una scimmia esaltata e un cantautore incompreso.

‘Essere o non essere: questo è il dilemma.’ Scriveva così Shakespeare quasi cinquecento anni fa e chissà se avrebbe mai immaginato che il suo ‘dubbio amletico’ sarebbe stato l’incipit di una canzone apparentemente spensierata e fluttuante nel mondo falso alternativo, celato da questa maschera buffa e piacevole, goffa e danzante, come la scimmia che accompagna l’indisponente Francesco Gabbani.

Avvolto da un’aura a metà tra l’apaticamente presente Battiato e un allegramente critico Celentano, il vincitore delle nuove proposte 2016 ci offre un parterre concertistico intellettuale sul quale ballare, stando attenti a non fa barcollare le nostre anime radical-chic, filo-comuniste, che nella quotidianità mera e svelata sono arriviste e rinchiuse ‘in una gabbia 2x3’. Sorridiamo al ritmo incalzante, la faccia sorniona di Gabbani che ci schiaffeggia inconsapevoli o che, molto conosci, ascoltiamo mentre ci accomodiamo nella nostra stanza 2×3, piccola come un’icona che come automi schiacciamo, per condividere le immagini di questo nostro non essere.

Siamo tutti ‘internettologi’, forse non tutti ‘soci onorari del gruppo dei selfisti anonimi’, ma di anonimo e anomalo abbiamo molto. La grande Alda Merini mi perdonerà se prendo in prestito il suo ‘infetti’, e noi non lo siamo dall’acqua che ci ha battezzato tali, ma siamo fieri della nostra infezione di acqua omologatrice: crediamo di mandare messaggi rivoluzionari, ma tutti nascosti dietro un piccolo schermo, illuminato a morte mentale, una romantica celebrazione funeraria. L’unica acqua a cui attingiamo è quella eraclitea, ci facciamo trasportare nel letto di questo ‘panta rei’ e scorriamo, o lasciamo che scorra, inermi e accondiscendenti. Magari ci appenderemo un cartello al collo, scrivendoci ‘A.A.A cercasi storie dal gran finale’, aspettando che il dio calcolatore accenda i suoi neuroni programmati e, ad intermittenza, invii codici e combinazioni utili per il nostro spirito. ‘Spera, (sì)!’ E inutili ci dedichiamo alla nostra leggerezza effimera, stereotipati professiamo un amore per la calma e la giustizia delle nostre azioni, affascinati e guidati da un Oriente karmistico che sembra poterci redimere e punire: tutto ciò che fai, nel bene e nel male, ti ritorna. La denuncia forte, ed ancora più implicita, è forse proprio la perdita di una vera e propria identità occidentale che ci sembra solo consumistica e lontana dalla sensibilità umana: ma questa sensibilità chi la ignora? Chi ansima dinnanzi ai mantra, alle contaminazioni spirituali? Chi punta il dito verso ‘i diversi’, il liberi di pensiero? Nessuno, probabilmente neanche Gabbani, che è un’alfa innanzi a immensi omega impercorribili, perché nessuno è un totalmente libero. Ci lasciamo infettare da ‘gocce di Chanel’ per adornare corpi uguali, travestiti nello stesso modo, convinti che stiamo imbastendo un abito nuovo, mai visto, convinti che esso ci proteggerà, ci terrà lontano dagli indegni di noi, supponenti e saccenti.

‘Ci metteremo in salvo dall’odore dei nostri simili,’ mentre chiederemo il costo del loro ultimo acquisto, il prezzo della vendita della loro originalità. Ecco questo testo che parola smarrita mi riporta alla mente: originalità. Questa miscredente, ormai vittima di una quasi estinzione, occhio negativamente eccessivo il mio, che guarda annoiato anche lui ormai. E forse i veri originali non erano i primitivi? Gli uomini del Neolitico? Queste scimmie, questo istinto, che sopiti, tentano di evadere, di rialzarsi da un sonno lungo una vita, profumato e imbellettato, che si denuda e attua la sua muta, si scuce la finzione e agogna il suo essere sapiens e non necessariamente sapiente. Deposita le ‘intelligenze demodè’ e tenta di riprendere un concetto non orientale, ma universale: ‘Namastè’. Onoro il divino che è in te!

La nostra scimmia che si riappropria di sé e si inchina dinnanzi al pirandelliano ‘piccolo me’ e si innalza verso piani ontologici inesplorati.

Cosa temiamo? L’esporci? La vulnerabilità? L’impotenza della decisione?

Di certo la povertà del nostro animo è appostata, aspetta un passo falso per trasformarsi da oppio in cicuta. Ma la cicuta non è necessariamente la fine, può essere un’opportunità maieutica, una socratica presa di coscienza.

Gabbani è un piccolo rivoluzionario, ma nel mondo attuale sono i migliori, i valorosi senza corazza, gli armati di parola, che la manipolano e la elevano a pensiero sommo. Io personalmente lo ringrazio. Lo ringrazio per questo dolce-amaro destarmi, per avermi fatto notare con quanta superficialità ci approcciamo a ogni dramma, o ad ogni gioia, portatori di malcostume, ma esperti ricostruttori se lo si vuole.

Anche Gabbani mi perdonerà se cito la seconda mai a nessuno, Fiorella Mannoia: ‘che sia benedetta’ questa vita, questo sbagliare e questo continuo risveglio spiegazzato e composto.

Che sia benedetta questa sacrosanta aspirazione all’involuzione primordiale.

Che sia benedetta.

‘Namastè. Alè!’

 

Sara Annicchiarico, 5^A s.u.

Giovani e vecchi: portatori di luci diverse in un unico equilibrio

“Il mio vecchio comincia dall’alba a girare le strade/ e nessuno s’accorge che guarda e ci pensa, / lui, che un tempo era giovane, com’è giovane il mondo.” (C. Pavese)

Custodi di archivi impolverati, ricchi di memoria, gli anziani percorrono con lentezza le strade del mondo, senza disorientarsi mai. Sentieri da seguire, ostacoli da evitare, sono incisi sulla loro pelle savia, e gli insegnamenti sono promemoria saldi nelle loro menti stanche, ma ancora tese a sperimentare con curiosità, l’inesorabile. Si trascinano dietro le ombre di chi sono stati, e le loro dita ormai non bastano più per contare gli anni di vita vissuta. I loro sguardi veterani incrociano “gli occhi dei giovani che non badano al vecchio” (Pavese), osservano la loro luce vitalistica in corsa verso il futuro.

Il vecchio, che sa, viene superato dal giovane frettoloso che, rapito da sete di conoscenza e di progresso, spezza i legami con il passato. La tradizione lotta con la novità, dando vita allo scontro generazionale, alla contrapposizione dei valori di ieri e i cambiamenti di oggi.

L’energia fisica e mentale è l’arma sfoderata dai più giovani, convinti di stringere il mondo con il vigore delle proprie mani, di poter superare ogni limite, ignorano il tesoro di risorse custodito da chi ha già scritto la propria valorosa storia.

Gli studi statistici descrivono l’Italia come un Paese che, invecchiando sempre più velocemente, è destinato a diventare anziano. Nel terzo millennio, l’Italia, avrà un volto dipinto di rughe, e cercherà sostegno aggrappandosi a un bastone.

E i giovani dove saranno?

Il calo delle nascite e la fuga di massa di menti fiorenti, sono le cause principali dell’incanutimento italiano. Solo i veterani sembrano restare fedeli alle proprie radici, fermandosi a riavvolgere il nastro delle proprie origini. I ragazzi, al contrario, sono protesi al distacco, a volare via dal proprio nido in cerca di altri luoghi in cui stabilirsi; attratti dalle novità, vogliono staccarsi “per vaghezza dell’ignoto o per brama di meglio, o per curiosità di conoscere il mondo” (G. Verga), dal nucleo natio.

Un allontanamento sicuramente positivo e utile per ampliare nuovi orizzonti e conoscenze, ma quante cose si perdono, ribellandosi al proprio retroterra culturale custodito dai senes?

“Dite ai giovani che il mondo esisteva già prima di loro, e ricordate ai vecchi che il mondo esisterà anche dopo di loro”, affermò Papa Paolo VI, invitando i giovani di ieri e gli anziani di domani a rompere l’incomunicabilità, cercando canali di unione.

I cantastorie vernacolari, depositari di racconti, usi, costumi e valori, hanno il ruolo di consegnare il bene della tradizione alle generazioni future, che devono predisporsi ad accettarla come punto di partenza da integrare con le fiorenti innovazioni, in modo da creare un nuovo domani che guarda con riconoscenza al passato di cui è figlio.

 

Elisa Valleri 5^A s.u

Bambini supereroi

Luigi Chionna2

È iniziato tutto quando siamo nati,

eravamo così carini da neonati;

per i nostri genitori quanta emozione,

forse la loro più grande soddisfazione.

Molti bambini sono cresciuti in gran serenità,

circondati dagli affetti di mamma e papà,

ma non tutti hanno avuto questa possibilità.

C’è chi la chiama sfortuna, chi casualità,

ma tutti devono avere una seconda opportunità.

La vita a volte presenta molti ostcacoli

ma bisogna avere sempre il coraggio e la forza di superarli;

siamo sempre messi davanti a piccole o grosse difficoltà,

ma tutti hanno il diritto di raggiungere la felicità.

Questi bambini ai quali sono mancati gli affetti

hanno il diritto di riscattarsi,

ma hanno bisogno di molto aiuto,

perchè per loro è difficile dialogare ed aprirsi.

Le persone che dovranno aiutarli,

hanno un compito importantissimo;

perchè vedere un ragazzo sorridere per la prima volta,

significa aver raggiunto un obiettivo grandissimo.

Ad ogni modo,stiamo crescendo tutti,

e continuano ad aumentare le nostre responsabilità,

ma questo fa parte del raggiungimento della maturità.

A volte la scuola ci risulta molto pesante,

tra lo studio di Boccaccio,Petrarca e Dante,

ma altre volte la riteniamo anche molto interessante,

tra l’altro sappiamo tutti che lo studio è importante.

Pertanto chiediamo ai nostri genitori,

di non starci ulteriormente addosso,

abbiamo già le nostre ansie e problemi,

tra equazioni,parabole e sistemi.

Luigi Chionna

3 C scientifico

PER UN CIELO PIU’ BLU

Foto Militare 4 classico

Studenti in visita alla base dell’Aeronautica militare di Gioia del Colle

Ci piace sapere che non molto lontano da noi c’è qualcuno che, con aerei ed elicotteri, veglia sul nostro cielo perché sia sicuro e che è pronto ad accorrere in pochissimi minuti in caso di pericolo. Ci piace prefigurarci un concorso per poter accedere all’Aeronautica militare. Ci piace l’ordine negli spazi della base e la disciplina nel portamento dei militari. Ci piace il cavallino rampante del XII Gruppo Caccia, che ricorda il simbolo che il famigerato Maggiore Francesco Baracca, medaglia d’oro per le numerose vittorie ottenute durante la prima guerra mondiale, faceva dipingere sulla parte sinistra del suo aereo.

E’ quanto risuona nei discorsi degli alunni della 4a e della 5a classe del Liceo Classico “G.Moscati” di Grottaglie, che il 1o marzo scorso si sono recati in visita guidata al Centro di Meteorologia dell’Aeroporto Militare di Gioia del Colle, accompagnate dalle docenti Bruno, Falcolini e Meo.

Oltre al Centro-meteo, il più importante dell’Italia meridionale, un maresciallo ha illustrato funzioni, luoghi e attività del 36o stormo dell’aeronautica italiana di stanza a Gioia del Colle.

Filomena Buglione 4 A classico

Cristicchi a Bisceglie: “Il secondo figlio di Dio”

Cristicchi“Porterò sul palcoscenico la storia di un visionario, di un pazzo, di un sognatore, di uno che credeva fosse possibile mettere in pratica sulla Terra quello che diceva il Vangelo, una società nuova basata sulla pace e la fratellanza universale…”, sono queste le parole con cui Simone Cristicchi annuncia il suo nuovo spettacolo teatrale. Vestendo i panni del cantastorie, racconta di David Lazzaretti, un predicatore e profeta italiano, fondatore del Giurisdavidismo. Nato nel 1834 ad Arcidosso, sul monte Amiata, trascorse la prima parte della sua vita confuso da visioni riguardanti il suo futuro. Una di queste gli suggerì di recarsi a Roma per incontrare il pontefice, possibilità negatagli a seguito della quale si convertì ad una vita di solitudine. Sull’isola di Montecristo fondò diversi istituti di impronta monastica e sociale che provocarono dure reazioni, causa del suo arresto per frode. Assolto dopo alcuni mesi, tornò nella sua terra d’origine dove fondò la “Società delle Famiglie Cristiane” che gli procurò una nuova condanna per vagabondaggio e cospirazione politica, dalla quale venne successivamente scagionato. Tornato in Italia, dopo aver vissuto due anni in Francia, nel 1877,  propose al Vaticano le sue “Regole dell’Ordine Crocifero dello Spirito Santo” che vennero subito rifiutate con l’accusa di eresia. Nell’agosto dello stesso anno, condusse una processione verso i santuari di Arcidosso e Casteldipiano, interrotta dagli uomini della forza pubblica che spararono sulla folla colpendo a morte quattro persone, tra cui il “Cristo dell’Amiata”.
Scritto da Manfredi Rutelli, con la regia di Antonio Calenda e le musiche originali di Simone Cristicchi e Valter Sivilotti, dopo averci raccontato le foibe, il cantautore e attore romano torna a Bisceglie con “il secondo figlio di Dio”. Il Teatro Garibaldi ospiterà lo spettacolo venerdì 17 marzo alle ore 21:00. I biglietti (costo: PLATEA 27€, PRIMA GALLERIA 20€, SECONDA GALLERIA 15€) saranno reperibili presso il botteghino del teatro stesso. Per maggiori informazioni alleghiamo a seguire il numero del teatro: 080 55 80 195.

Chiara Latagliata
Emilia Orlando
Maria Chiara Sanarica
3A CLASSICO

Nuove generazioni perdute in un’Italia di carta straccia

Disperso su un tricolore sgualcito, l’italiano è schiavo di una profonda perdizione interiore. Sbandiera un amor di patria profano e assopito, che in un mondo globalizzato e vuoto diffonde il germe dell’intolleranza.

Quasi immemore degli antichi valori partigiani, egli celebra l’Italia solo se indotto da eventi occasionali di natura ludica. Una partita della nazionale, la kermesse sanrmese, una catastrofe naturale, una notizia oltreoceano innescano patriottismo spicciolo.

La generazione perduta raccontata da Hemingway che viveva il disincanto del primo dopoguerra, vive ancora, priva di passione e impegno civile, ma arsa dal desiderio di evadere. E’ una generazione disinformata, ignara dei movimenti politici, sociali e culturali del proprio Paese. Costruisce castelli di carta, di rabbia evanescente, che non si indigna e che non si rivolta. Al contrario, si conforma o fugge, alla ricerca di nuovi orizzonti più illuminati.

Ogni italiano decanta la sua Italia quando se ne allontana, piange l’eco delle sue musiche, delle sue genti, dei suoi gusti. Ogni italiano rivendica la sua arte e la sua storia solo se additata da stranieri. L’italiano diventa sempre più fanatico e dissacratore. A volte, l’italiano avverte l’esigenza di omologarsi e di identificarsi, di ritrovarsi in un luogo comune sicuro e confortevole.

La confusione politica odierna, inoltre, conducono sempre di più, oltre che ad una dissonanza pericolosa di idee (tante regioni alludono ad una spinta localistica) all’inerzia e alla deriva morale. Proprio sulla terra di Machiavelli, i concetti di ragion di Stato ed interesse nazionale risultano spenti.

Un paese dilaniato all’interno, nella totale aporia, riflette un cittadino smarrito.

Gli strumenti per la salvezza sono racchiusi nella storia e aspettano solo di essere riscoperti e riconosciuti.

 Vivere la storia, nella significazione originaria. Saperguardarsi alle spalle, intraprendere un percorso di maturazione delle idee e smettere di giacere inerti su diritti conquistati da altri.

Emanuela Felle della 4 B linguistico

Scoperta sensazionale: l’universo che ci piace

UNIVERSO

Il 22 febbraio è stata ufficializzata la scoperta dell’effettiva esistenza di sette nuovi e particolari pianeti, festeggiata dai ricercatori della Nasa. Non c’è voluto molto tempo affinché l’accogliesse anche la gente comune: curiosità, gioia e sgomento l’hanno animata nel medesimo tempo. Curiosità perché non è da tutti arrivare a concepire l’esistenza di corpi celesti al di là di quelli del nostro sistema solare: ci vorrà molto tempo prima che cambi l’idea superficiale che hanno alcuni di universo (dall’unione delle parole latine unus e versus, letteralmente ‘’tutt’uno avvolto in sé stesso’’); questa lo intende come uno spazio indefinito che contiene la Terra e altri pianeti ‘’inutili’’ai fini della nostra esistenza. Gioia perché una nuova scoperta equivale sempre a progresso, passi avanti e accrescimento di tutto cio’ che, in realtà, ci serve sapere anche per avere una visione più chiara della vita che viviamo sulla Terra. E, infine, sgomento perché i pianeti in questione sembrano trovarsi in una copia fedele del nostro sistema solare: rispetto a questo, attraverso il Trappist-1, il telescopio installato sull’osservatorio di La Silla che ha dato il nome alla stella nana centro del sistema, sappiamo che c’è solo un pianeta in meno. In più tre dei sette pianeti si trovano in una fascia che si suppone adeguatamente temperata per la presenza di acqua allo stato liquido, causa diretta della presenza di vita. Ne abbiamo trovati tanti di pianeti: piccoli, grandi, roventi, gelati ecc., ma, stavolta, sono probabilmente abitabili. Sicuramente non saranno gli ultimi ad avere questa caratteristica, poiché ogni stella ha più di un pianeta che le orbita attorno, ma le stelle nell’universo sono miliardi di miliardi, quindi i rispettivi pianeti saranno centinaia di miliardi di miliardi! Pensarci mette i brividi.
Per farci trarre queste conclusioni e andare su di giri, e’ bastato che, il trappist-1 appunto, carpisse non i pianeti in sé ma le deboli variazioni di luminosità causate dal loro passaggio di fronte alla stella nana che li illumina. Come fa la scienza ad essere qualcosa di ‘’freddo’’ e ‘’distaccato’’ nel momento in cui ci provoca emozioni simili, anche con indicazioni così piccole? Lo fa in modo inevitabile tra l’altro, nonostante ci fornisca informazioni su una realtà lontana ben quaranta anni luce da noi. Quaranta anni luce equivalgono a novemilacinquecento miliardi di chilometri: ci metteremmo ottanta anni per andare e ritornare con i nostri attuali mezzi, ma solo nel caso in cui raggiungessimo la velocità della luce, cosa del tutto impossibile dato che una qualsiasi massa per sopportarla si disintegrerebbe. Neanche una lumaca ci metterebbe così tanto tempo per raggiungere strisciando la Cina, e non è poca strada! E’ per questo motivo che il capo del Direttorio Missioni Scientifiche della Nasa, Thomas Zurbuchen, afferma che ‘’trovare una seconda Terra non è più una questione di se, ma di quando’’. Sono sicura che, nel profondo di ognuno, quest’affermazione fa sentire come se si venisse svalutati, trascurati da un universo che non si cura di noi come vorremmo (non entriamo in digressioni religioso-filosofiche), quasi e sottolineo il ‘’quasi’’, come una seconda rivoluzione copernicana. Dire che non è il Sole che gira attorno alla Terra, ma è quest’ultima ad avere un moto di rivoluzione come tutti gli altri pianeti, è come dire che non siamo noi esseri umani al centro dell’universo e quindi al centro dell’esistenza, della vita. Di nuovo, dire che ora non è più un’ipotesi che la Terra sia l’unico pianeta abitato da esseri viventi, è come dire che noi non siamo effettivamente il ‘’centro pensante dell’universo’’, se non siamo soli. Eppure soltanto la presa di coscienza di cio’, e non la sua reale esperienza, è qualcosa di concretamente più grande rispetto ai pensieri spiccioli di ogni giorno. Questi ultimi riescono a coesistere insieme a quelli che vanno oltre le nostre reali capacità perché l’uomo ‘’è un nulla di fronte al tutto e un tutto di fronte al nulla’’ e, occupando una sorta di ‘’posizione mediana’’ all’interno del cosmo, si destreggia tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. Lo ha detto Pascal nel XVII secolo e soltanto, probabilmente, in un futuro che ha in serbo ancora dell’altro potrà essere vero come ora. Questo pero’ non significa che accetteremo , o almeno non subito, il fatto che la Terra e tutto cio’ che la caratterizza siano qualcosa di ripetibile e ‘’confrontabile’’. A partire dai terremoti e da tutti i disastri naturali di cui non capiremo mai pienamente le dinamiche, dalle montagne e i mari, dalle nostre lingue e pelli diverse, fino ad arrivare all’arte, alla musica, alle leggi ecc.; tutti protagonisti dell’ammirazione dell’uomo o, perché non dirlo, del suo odio: in ogni caso non della sua indifferenza. Forse l’uomo moderno ha da imparare, o quantomeno ricordare, dai suoi esempi di pensatori antichi, che ancora oggi ci affascinano con i loro miti e visioni fantastiche sulla Terra e sull’universo. Credo che in questo campo vincano gli antichi greci: pensiamo ad Atlante, un personaggio mitologico, che Esiodo ci racconta sia stato punito da Zeus per essersi alleato con i giganti nella rivolta contro gli dei dell’Olimpo. Fu costretto a reggere sulle sue spalle l’intera volta celeste e nella sua raffigurazione statuaria tradizionale si puo’ ammirare la posizione innaturale, quasi goffa, a cui quest’immensa fatica lo costringe. E’ emblematico che un uomo, o più precisamente una figura che gli è molto vicina, regga letteralmente il nostro pianeta. Oggi, invece, è retto dalla coscienza della sua limitatezza e dalla fiducia nei suoi mezzi di ricerca, che nonostante siano alla pari dell’intraprendenza di Ulisse, non lo porteranno mai a superare le colonne d’Ercole del nuovo spazio inesplorato perché non è più la Terra come è stato per l’eroe acheo, ma l’universo, in cui colonne d’Ercole non ne esistono.

Francesca Santoro della 4 B scientifico

Coriandoli a Grottaglie

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Clima di comunione tra i cittadini in occasione del Carnevale 2017

Domani, domenica 26 febbraio, le strade della Città di Grottaglie ospiteranno il secondo appuntamento con la “Sfilata di Carnevale” organizzata dalla Parrocchia S. Maria in Campitelli. Questa quinta edizione ha come tema i cartoni animati ed è stata realizzata grazie alla collaborazione con la Parrocchia Maria SS. del Rosario e la scuola dell’infanzia e nido L’isola che non c’è. I carri a sfilare sono sei e comprendono personaggi che hanno arricchito l’infanzia di molti bambini del passato e che sono ancora molto noti e amati dalle nuove generazioni. Il carro di Biancaneve, quello di Topolino, quello di Pippi Calzelunghe che non passa di certo inosservato nella sua maestosità, quello di Scooby-Doo, quello della mitica Ape Maia e per concludere il carro di Tarzan. La sfilata inizierà alle 15.30 a partire dalla Parrocchia Maria SS. del Rosario e attraverserà con la sua musica e i suoi colori via Giotto, via Marconi, via Diaz e via Campitelli per giungere alla Parrocchia di S. Maria in Campitelli alle ore 20.45. Lo stesso percorso sarà seguito sia domenica 26 febbraio sia martedì 28 febbraio. In caso di pioggia la serata di domenica 26 sarà riproposta lunedì 27.

Senza dubbio è un’occasione fondamentale per accrescere l’unione tra i cittadini e per trascorrere il Carnevale come un momento di sano divertimento in cui mettersi nei panni del proprio personaggio preferito.

Ecco questa fantastica iniziativa capace di scaldare il cuore della città e di rallegrare grandi e piccoli; anche i più grandi, infatti, ne prendono parte e si mettono in gioco riconoscendo che il mondo dei bambini è sempre più divertente e spensierato rispetto a quello degli adulti.

Bene, non potrete di certo mancare a questo appuntamento che sarà un’esplosione di gioia e di coriandoli!

Caramia Francesca

3 A Classico

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POESIA di Francesco Stefani per le giovani vittime della camorra

STORIE DI COLPEVOLI INNOCENTI

Ragazzi senza volto

che in comune hanno una storia.

Posano la penna

per impugnare una pistola.

Cresciuti senza genitori

ma col mito del denaro,

fanno affari con i grandi

in un sistema ladro.

In due sul motorino

bruciano le tappe,

il primo colpo taglia l’aria

e il secondo sparge sangue.

Dove non c’è scelta.

Dove non c’è via d’uscita.

Prendi ciò che ti viene offerto

al costo di rimetterci la vita.

Non conosco i loro nomi,

non ho mai incrociato i loro sguardi.

Alcuni escono dal gioco

mentre per altri è troppo tardi.

Rinchiusi in un quartiere

dove ogni speranza è persa,

non c’è finzione televisiva

quando una vita si pezza.

FRANCESCO STEFANI della 4 A Scienze Umane